Come una semina che non dà frutto
tra sabbia tiepida e risacca rabbiosa
iniziano ad erigersi i ripari
per le grandi migrazioni estive
esili per scelta, puntuali, a scadenza.
Io vorrei solo sdraiarmi
sulla strada, a guardare le nuvole
che passano al di sopra dei palazzi,
fondermi con l’asfalto e le gomme
delle auto rimaste
evitare il canto degli insetti
che si crogiolano nelle vagonate
di sale, pelle e sudore umano,
calcolare le distanze tra sbucciature
e nei, creando una nuova mappatura
di percorsi ipotetici da svelare
non migrazioni ma tappe pigre
da tracciare con mani e dita,
a occhi socchiusi di pomeriggio, di sera,
di mattina mentre dormiamo ancora
sdraiati, sulla strada, la sabbia tra le dita
dei piedi, le nuvole che migrano pigre
che seminano tempeste e rabbia che sale.