Essex Hemphill

‘When the world is too much.’ Quando il mondo è troppo. Da sopportare, da sostenere, da seguire.

Non è la mia di voce che importa, che serve, che conta al momento. Rinuncio quindi alle discussioni sull’invisibilità di chi traduce, per fare da tramite a queste, di voci. Una al giorno. Diciassette giorni. Diciassette voci, per più di 530 persone uccise.

Cordon nero

Bevo champagne la mattina presto
invece di uscire di casa
con un M16 e senza meta.

Muoio due volte più in fretta
di un qualsiasi altro Statunitense
tra i diciotto e i trentacinque.

Questo mi disturba
ma non lo do a vedere in pubblico.
Ogni mattina che apro gli occhi è un miracolo.
La benedizione di aprirli
è momentanea ogni giorno
potrei essere fatto fuori.
Potrei saltare.
Potrei dimenticarmi di stare attento.
Anche i miei fratelli, cacciati, mi cacciano.
Sono l’unico a curarsi di me
e a volte non me ne frega niente.
La mia vita sentimentale potrebbe uccidermi.
Ogni giorno scelgo tra violenza
e comportamento che salva ogni vita
tranne la mia.

Non oltrepasso.
E’ ora che qualcun altro venga a me
non con accondiscendenza fisica,
sessuale, o tanto per ridere.
Sono stufo di essere una specie in via d’estinzione,
stufo d’essere una maledetta statistica.
Ma che scelta ho?
Potrei partire senza intenzione
di tornare a casa stasera.
Potrei darmi alla follia in centro
e scatenare l’inferno su un tetto col mitra.
Potrei vivere per un attimo soltanto
sul notiziario delle sei,
o potrei mascherarmi ancora una volta
per apparire nelle camere di commercio
e sogni americani.

Muoio due volte più in fretta
di ogni altro americano.
E mi verso un bicchiere di champagne,
lo taglio con una goccia di succo d’arancia.
Dopo aver ingoiato il valium,
la mia festa privata
per essere ancora vivo stamattina,
lascio il mio rifugio.
Mi guardo la vita senza scusarmi.
I miei problemi sono poche cose
e personali.

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