c’è una teoria per ogni cosa & tutte cominciano
con la luna in fiamme. la luna è mia antenata
ma ancora non lo so. la luna
mi illumina la pelle come una scena d’amore
nei film in cui ogni ragazza è un uccello
che si libra libera da una ferita, ogni ragazza
si sutura una mappa sulle palpebre
che si diparte dal suo corpo. quanti
generi di appetito, quanti
modi di avere fame: mi incarno
dove mi dici che mi vuoi, affetta
i miei fianchi in appigli & intenerisci
le mie labbra che colano luce
il colore del grasso
di coscia, mi suono in bocca a te,
il tipo di urlo che strappa via
un pollice alla radice. i ragazzi
dimostrano la durezza piantandosi
come lame di coltello in corpi da
preda, prega che i corpi
siano più dei loro cuori impagliati
e impiumati, i loro cuori snocciolati
al centro: buco grande quanto un dito
dove prima c’era la luna. è normale
aver paura dei fantasmi e dei ricordi
di ragazzi. far nascere un pugno
e leccarlo pelato. Io prendo i fantasmi
a polmonate, li passo come
respiri, un corpo si adatta
a tutti i corpi al suo interno, così tanti
che mi chiami una macelleria. le
mani che mi hanno levata
le ho abbattute come frutta tenera, ho imparato
cosa vuol dire mietere: abbattere
le porte dalla casa, svelare
la stanza stipata dei miei denti caduti
& sputare nel piatto in cui mi offro
[Originale in inglese di Kristin Xinming Chang, ‘ethnography’]